domenica 15 febbraio 2015

BIRDMAN - La MANfCensione



È così difficile dire "è un bel film"?
Sembra che sia diventato difficile, oggi giorno, abituati come siamo a criticare tutto per principio.
In qualche maniera in questo film, grandiosamente metatestuale, si parla anche di questo.
E si critica una critica che in fondo non fa nulla se non preoccuparsi di distruggere Hollywood.

Ho visto questo film e ho molto da dire in merito ma prometto: SENZA SPOILER.
Non rovinerò nulla.
Contestualizzerò e permetterò di vederlo a chiunque.
Perché... non l'avete ancora visto?
Che aspettate?
C'è un film di tale levatura al cinema e siete ancora lì?
Correte al cinema.

Io, intanto, comincio.







C'era nel 1967 un Birdman, in televisione.
Un cartone animato della Hanna e Barbera, che arrivò anche da noi negli anni ottanta (sempre sul pezzo!).
Pochi lo conoscono o se lo ricordano.
È questo:


disegni di quel FOTTUTO GENIO di Alex Toth.
Che creò tutta una serie di piccoli capolavori quali Space Ghost o gli Erculoidi, per citarne solo due.

Ma non ci interessa.
Quando sentii parlare di questo film pensai che avessero riesumato quel character e ne avessero fatto l'ennesima trasposizione che in America avrebbe fato impazzire il pubblico che lo ricorda tuttora, e che qui in Italia non avrebbe colpito nessuno (Underdog e Mr. Peabopdy e Sherman docet....).

Ma questo film non c'entra nulla.

O meglio... non so se c'entri.

Insomma... il personaggio...


 assomiglia più a un incrocio tra questo:


sempre del genio Toth... e il Birdman di cui questa è la sigla:



Ma il gioco è assolutamente incentrato su altro.
Birdman è IL supereroe, non UN supereroe.

Forse il nome tende ad aiutare.
Generico, a tratti ridicolo, gioca talmente tanto con i cliché che, chiaramente, Iñárritu l'ha richiamato per citare i millemila filmoni di "ridicoli supereroi" che spopolano su piccolo e grande schermo ai giorni nostri.

Iñárritu non lo lascia intendere... nel senso che ce lo dice chairamente fin dai primi fotogrammi. In un film che cita gli Avengers e Iron Man, criticandoli e dicendo che sono macchine da soldi... in un trand cominciato quando? venti anni fa! con la batmania lanciata da Burton, e da Keaton nel ruolo di Batman.
Solo che in questo contesto narrativo non è Batman ma Birdman.

È curioso, perché il nome Birdman sembra davvero adattarsi a questo gioco, tanto che nel 2001 venne realizzato un cartone animato che si intitolava Harvey Birdman, Attorney at Law e che usava lo stesso character per prendere in giro i cliché dei cartoon Hanna e Barbera.
Birdman diventava così un avvocato che gestiva i problemi di TUTTI i personaggi della HeB.
Dalle accuse allo Yabbadabbadon (Fred Flinstones che prendeva il là come boss mafioso alla Soprano) a irreali battaglie legali tra personaggi per bambini accusati di pedofilia.


Ma il film di Iñárritu non c'entra nulla.


Nella pellicola, assistiamo al tentativo di Riggan Thomson (Michael Keaton) di scrollarsi di dosso il successo cinematografico di venti anni prima, scrivendo, producendo e interpretando una piece teatrale a Broadway.

Il film è, come ci si può facilmente aspettare, una lunga disamina sui meccanismi con i quali un attore può avere successo e perderlo.
Sulle differenza tra essere un attore e una star.
Tra vita privata e palcoscenico.
Tra... tra tutto quello che si può dire su Broadway in un film che, proprio perché dà contro a Hollywood, da Hollywood verrà osannato.
In quel cortocircuito che è la notte degli oscar.


Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza) - sottotitolo importante ai fini della storia - è un opera monumentale.
Perché chiaramente giocosa, ma inaspettatamente profonda; fortemente presuntuosa ma per nulla ridondante.

Intanto la tecnica.

119 minuti di piano sequenza!
(Orson Welles e Hitchcock stanno ballando la giga insieme nella tomba.)
La telecamera sempre ad altezza occhi, tanto che sembra di giocare una lunghissima partita a  Doom... e, come nei videogiochi in prima persona, sei talmente tanto nella storia che ti sembra di vivere il teatro con i suoi stretti corridoi e hai le vertigini quando sali sul tetto e esci dal cinema con la voglia matta di andare a New York perché sembra di essere usciti una sera con i tuoi amici e aver visitato Broadway, non di essere rimasti seduti su di una poltrona (ennesima dimostrazione che il 3D con gli occhialini non serve a un cacchio).

Ma sapete cosa?
Non è pesante!
Per niente!

Il film passa come una scheggia.

Il regista ti porta dove vuole lui.
Gioca con una cosa che ci dice ma che non sappiamo se sia vera, ma poi pensiamo che non lo sia, ma vorremmo che lo fosse e poi forse lo è... ma, in fondo, chissenefrega (e invece è importante).

Si gioca addosso, cita Woody Allen ne "Il Dittatore dello stato libero di Bananas" con musicisti dove non te li aspetti e cita se stesso e lo stesso film che stai guardando.
Chiude la storia tre volte e tre volte in maniera diversa... e sono tutti e tre finali ottimi!



Esistono dei film che gli attori interpretano come se dovessero dimostrare che sono lì perché davvero vivono per recitare.

Sono rari.
Ma esistono.
Spesso escono dal Sundance Film Festival.

Ma, comunque, hanno una caratteristica in comune:
vengono interpretati in modo magistrale da gente che ama quello che sta facendo in quel momento.

Questo è uno di quei film.


Michael Keaton, Edward Norton, Emma Stone, Naomi Watts, Andrea Riseborough, Zach Galifinakis... e tutti gli altri, dimostrano di essere non solo delle macchinette da soldi al botteghino ma anche attori di gran razza.


I momenti migliori?
Senza spoiler (chi l'ha visto comprenderà, chi non l'ha visto vedrà): il giro in mutande, il tassista incazzato, la meditazione iniziale, l'ingresso di Galifinakis in camerino che comincia a spiegare tante cose.
La maschera fatta con le bende...


Emma Stone... che è un gran momento a sé.
Il bacio tra due attrici e quella strana e assurda erezione.

Ma è tutto un gran film.

Se avete un paio d'ore da ritagliarvi, usatele per andare a vederlo.
Se non le avete... procuratevele!

Vale la pena.

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